In Pompeo cadono tutte le quinte della messinscena e l'anima peciosa dell'autore eroiname viene gettata in faccia al lettore. Le giornate vuote trascorse fra una pera e l'altra, l'incapacità di avere altri interlocutori oltre ai pusher e ai richiami del corpo in astinenza, l'assurdità del talento buttato nel cesso in cambio di un'ora di “paradiso”.
In Pompeo non c'è mai compiacimento, non viene mai in mente di pensare “però che figo”, perchè vediamo il tossico per quello che è, un fantoccio inconcludente, codardo, vile, bugiardo, egoista. Conscio della sua pochezza ripercorre le sue ultime ore perchè sa che alla fine si darà fine.
Per certi versi è inevitabile l'inquietudine che nasce pensando che poco tempo dopo (nel 1988) Pazienza morirà di overdose a 32 anni. Come una rockstar, potrebbe dirsi assecondando la mitologia del “muori prima di invecchiare”, o come un testa di cazzo qualsiasi. Decidete voi.
In Pompeo non c'è mai compiacimento, non viene mai in mente di pensare “però che figo”, perchè vediamo il tossico per quello che è, un fantoccio inconcludente, codardo, vile, bugiardo, egoista. Conscio della sua pochezza ripercorre le sue ultime ore perchè sa che alla fine si darà fine.
Per certi versi è inevitabile l'inquietudine che nasce pensando che poco tempo dopo (nel 1988) Pazienza morirà di overdose a 32 anni. Come una rockstar, potrebbe dirsi assecondando la mitologia del “muori prima di invecchiare”, o come un testa di cazzo qualsiasi. Decidete voi.
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